Kobe Bryant, storia di una leggenda scomparsa troppo presto

E’ stato uno dei più grandi giocatori di basket di tutti i tempi ed è morto domenica insieme alla figlia tredicenne, Gianna, ed ad altre sette persone, compreso il pilota, nello schianto di un elicottero alle porte di Los Angeles, a Calabasas. Il 41enne Kobe Bryant, mitica guardia dei Lakers, stava accompagnando la figlia, promettente cestista, a un partita. L’incidente è avvenuto intorno alle 10 del mattino, probabilmente a causa della fitta nebbia. Oltre alla moglie Vanessa, Bryant lascia tre figlie: Natalia, Bianca e la piccola Capri, nata a giugno.

Kobe Bryant aveva sempre amato gli spostamenti in elicottero e quando giocava per i Lakers usava il suo Sikorsky S-76 per trasferirsi dalla sua villa di Newport Beach fino allo Staples Center di Los Angeles: lo stesso modello a bordo del quale viaggiava al momento dello schianto. Dopo il suo ritiro, nel 2016, i Lakers avevano ritirato entrambe le maglie usate da Kobe Bryant, la 8 e ala 24, un onore mai riservato ad altri giocatori della franchigia californiana.

Poche ore prima della tragedia, Bryant si era congratulato con LeBron James che a Philadelphia lo aveva superato nella classifica dei migliori realizzatori di tutti i tempi della storia Lakers issandosi al terzo posto assoluto della storia dell’Nba. “Grande rispetto per mio fratello King James”, aveva twittato Kobe.

Il cordoglio è stato unanime, dal mondo dello sport a quello della politica e della cultura. “Questa è una notizia terribile”, ha twittato il presidente Donald Trump dopo aver appreso della scomparsa della leggenda del basket che lo aveva più volte criticato affermando che tycoon creava “divisione e rabbia” e ispirava “dissenso e odio”.

La storia

Il 22 gennaio del 2006 tutto il mondo del basket si fermò ad applaudire Kobe Bryant. Il giocatore dei Lakers aveva appena giocato una partita da 81 punti diventando il secondo nella storia della NBA a mettere a referto uno “score” così importante. Solo Wilt Chamberlain, nel 1962, aveva fatto meglio, segnandone 100. Ma quelli erano altri tempi. Kobe Bryant, 41 anni, morto oggi in un incidente in Elicottero in California ha fatto la storia del basket. E non solo quello della NBA dove ha militato per vent’anni vestendo un’unica maglia. Quella, appunto, dei Los Angeles Lakers, indossata in ben 1346 partite.

Bryant è stato il quarto marcatore di tutti i tempi della massima lega americana, con 33.643 punti realizzati, appena scalzato dal trono da LeBron James, nella giornata di ieri. Ha vinto cinque titoli NBA e due ori olimpici, a Pechino e Londra, con la maglia degli Stati Uniti.

Aveva iniziato a giocare a basket a 3 anni, imitando il padre, Joe, anch’egli giocatore di buon livello. Bryant parlava bene l’italiano perché dai 6 ai 13 anni aveva vissuto nel Belpaese. Aveva seguito il genitore ingaggiato da Rieti, Reggio Calabria, Pistoia e, soprattutto, Reggio Emilia dove, nelle giovanili, militò il piccolo Kobe. Tornato in america, Bryant, si fece notare negli anni dell’high school con la Lower Merion, situata in un sobborgo di Philadelphia dove l’ex stella NBA era nata.

Il talento è tale da convincere gli scout delle franchigie americane a portarlo direttamente nella NBA facendogli saltare il College. Scelto nel 1996 dagli Charlotte Hornets al primo giro del drago venne immediatamente ceduto ai Los Angeles Lakers che, insieme al centro Shaquille O’Neal, portò ai massimi vertici del campionato.

Era soprannominato Black Mamba per la sua capacità letale di far canestro e superare ogni difensore. Aveva annunciato il ritiro nel 2015 con una lettera che poi è diventata un cortometraggio animato, Dear Basketball, che il 4 marzo del 2018 vinse l’Oscar. Sposato con Vanessa Laine, lascia quattro figlie.

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