Onnipresenza e onniscenza in campo, carisma da leader, i 60 anni di “Magic” Johnson

Quando parli di pallacanestro c’e’ una data impressa a fuoco nei manuali di “storia”: il 14 agosto 1959. In quel giorno di 60 anni fa nasceva infatti a Lansing, Michigan, Earvin Johnson Jr.: showtime, Lakers, Dream Team, in una sola parola “Magic”. Un soprannome che dice gia’ tutto di uno dei piu’ grandi interpreti della pallacanestro e che gli viene affibbiato ad appena 15 anni da Fred Stabley, cronista sportivo del “Lansing State Journal”. Il motivo? 36 punti, 18 rimbalzi e 16 assist che trascinano la sua squadra all’ennesima vittoria. Johnson gioca nel team della sua scuola superiore, l’Everett High School, e da’ spettacolo. Qui si pongono le basi storiche della rivoluzione di Johnson e del suo lascito sportivo che ridefinira’ le regole non scritte dell’Nba. Fondamentale il ruolo di George Fox, il coach della Everett, che inizia ad inculcare nel ragazzo il concetto del giocare per la squadra. Il giovane Johnson possiede infatti un’innata arte del passaggio e una visione di gioco praticamente senza limiti. Jud Heathcote – il coach dei Michigan State Spartans, squadra del college in cui Magic scelse di continuare – capisce che tutto quel talento deve stare nel cuore del gioco: Magic Johnson sara’ il playmaker.

Ci si aspetta che il play sia la fonte di gioco della squadra, ma anche il piu’ basso della squadra con una struttura fisica peculiare, principalmente agile e snella con una grande capacita’ di palleggio. Ma per uno come Magic Johnson, fare il playmaker a 206 cm di altezza non e’ un problema. E pensare che dopo aver vinto con gli Spartans il titolo NCAA nel 1979 – e’ il primo nella storia del college del Michigan – ed essere approdato ai Los Angeles Lakers, l’altezza media dei playmaker in Nba e’ 187,7 cm. La fase del college e’ il trailer della carriera di Magic Johnson e rappresenta un’ottima sintesi di cio’ che si vedra’ in Nba. Onnipresenza e onniscenza in campo, carisma da leader e Larry Bird. Nella finale NCAA tra il Michigan State di Johnson e gli Indiana State di Bird gli americani assistettero al primo episodio di quello che poi sara’ definito “il duello”, la lotta per la supremazia tra i due giocatori piu’ rappresentativi di quell’epoca, opposti dal punto di vista caratteriale ma accomunati da un unico obiettivo: vincere. Sara’ la gara di college-basket tutt’ora piu’ vista di sempre. Lo scontro in finale di NCAA vide il trionfo di Johnson, campione con la sua squadra ed eletto Mvp, cosi’ come il primo anno in Nba. Nella finale con Philadelphia sostituisce un certo Kareem Abdul-Jabbar come centro, ma quella partita la giochera’ ovunque.

A fine gara il tabellino parla chiaro: 42 punti, 15 rimbalzi, 7 assist e 3 palle rubate, piu’ l’NBA Finals MVP Award vinto da rookie, il piu’ giovane di sempre. E’ record. Johnson trascende i confini del concetto di “ruolo” in campo e pone le basi del basket moderno. Nell’1984 si assiste all’atto secondo del “duello”. In finale si sfidano i Lakers di Johnson e i Celtics di Bird ma questa volta e’ “The Legend” a trionfare: Mvp e Celtics campioni. E’ il punto piu’ difficile della carriera del 32 gialloviola che all’indomani verra’ definito dai giornali “Tragic Johnson”. Ma e’ solo una piccola parentesi e alla fine sono 5 gli Anelli vinti con i Lakers dello showtime. La rivincita arriva gia’ l’anno successivo: mai i gialloviola avevano battuto i Celtics in finale e mai nessuna squadra aveva vinto il titolo al Boston Garden. Ci riusciranno con Magic e altri record si aggiungeranno alla sua carriera. Neanche il virus dell’Hiv riesce a piegarlo: costretto al ritiro nel 1991, ritorna in campo acclamato dal pubblico per l’All Star Game del ’92 per poi andare in estate a Barcellona a vincere l’oro olimpico con il mitico Dream Team Usa insieme a Michael Jordan e proprio Larry Bird. E quanto fatto dalla sua Fondazione per vincere i pregiudizi e cambiare i sentimenti dell’opinione pubblica sull’Hiv e’ un’altra vittoria di cui Magic puo’ e deve andare fiero.

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