Domenico Vacca, dieci piani di Italian lifestyle in Fifth Avenue

– di Romolo Martelloni

Domenico Vacca, sangue pugliese di Andria, a New York è sinonimo di eleganza e raffinatezza italiana. Tutto è nato, ci dice, nella sua natia Puglia, ”sui meravigliosi tavoli da sarta di mia nonna Savina”. Questo stilista, dai modi cortesi, veste e segue tanti personaggi dello starsystem. Vanta nel suo «portafoglio» un cospicuo numero di star di Hollywood vincitori di Oscar. Per molti è un lucky charm.

Indossano i suoi capi, solo per citare alcuni nomi, personaggi del calibro di Dustin Hoffman, Al Pacino, Alan Arkin, Michael J Fox, Glenn Close, Denzel Washington, Forest e Keisha Whitaker, il campione di basket Scottie Pippen, Mickey Rourke, Ashton Kutcher. Tra le sue amiche ci sono Arianna Huffington – giornalista e scrittrice fondatrice del potente blog The Huffington Post -, Ivana Trump – prima moglie del presidente statunitense -, Ivanka Trump – figlia di Donald -, passando per Martin Scorsese, Silvio Berlusconi, Jamie Foxx, Riccardo Scamarcio e tanti altri. Laurea in giurisprudenza a Bari, si è cimentato anche come editore di una rivista di moda negli Stati Uniti che raccontava storie di successo degli imprenditori italiani. «Con la stampa è possibile educare gli imprenditori», afferma. Quando negli anni ’90 arriva a New York inizia a lavorare nello studio legale Baker McKenzie.

Il nuovo palazzo Domenico Vacca, a New York, è uno scrigno di eleganza di dieci piani ubicato fra la 55esima strada e la mitica Fifth Avenue dove si respira «aria pugliese». Questo negozio di abbigliamento e accessori uomo e donna, esteso su una superficie di 1600 metri quadri, ha al suo interno un bar dove si gusta rigorosamente il caffè Saicaf, un barbiere dove sono usati prodotti della Proraso, un parrucchiere, uno studio fotografico, un club privato arredato con marmo di Trani, chianche pugliesi e legno di ciliegio. A tutto questo bisogna aggiungere ben trenta appartamenti residence arredati con «gusto e materiale pugliese». Ma non è tutto. Spazio anche per una galleria d’arte dove Vacca sarà ben lieto di «ospitare artisti pugliesi» e italiani, naturalmente. È un imprenditore di successo, un uomo che abbiamo ascoltato con piacere dopo averci elencato gli altri negozi sparsi per il mondo: Miami, Beverly Hills, Mayakoba (Messico), Doha (Qatar), Londra (Harrods), Mosca (Tzum). In un articolo La Repubblica lo ha definito ”la Ferrari dell’abbigliamento”.

Domenico, da quanto tempo sei nel mondo dell’abbigliamento? La tua carriera è cominciata prima o dopo dell’avvento di internet?
Sono nel mondo della moda da 18 anni, prima dell’avvento dello shopping online.

La sede del tuo business è New York, ma hai clienti in tutto il mondo. Quali sono i Paesi coinvolti?
Abbiamo clienti in tutto il mondo, dal Medio Oriente a Singapore, al Sud America e in Russia, solo per citarne alcuni.

Il tuo, oltre ad essere una location tra le più importanti di New York è anche un luogo di cultura, di incontri, di scambi di opinione nel campo della moda e non solo. Cosa cerca il cliente entrando nel tuo ”palazzo”?
Dopo aver avuto tre negozi a New York su Fifth Avenue, Madison Avenue e a Soho, ho deciso di portare i tre negozi sotto lo stesso “tetto” e creare un negozio “esperienza” dove i clienti possano godere del Domenico Vacca Italian lifestyle: bere uno dei migliori cappuccini a New York, fare dello shopping, visitare la nostra galleria d’arte, farsi una barba al barber shop, per le donne visitare il beauty salon e rilassarsi nel lounge del club privato, dove il più delle volte partecipano ai nostri eventi culturali, di solito anche questi made in Italy. “The Domenico Vacca” è la risposta allo shopping online. Oggi si può comprare tutto online nella privacy delle nostre case, quindi il nuovo challenge del fashion retail è creare un’esperienza che va vissuta “dal vivo” più che essere un luogo dove si fa solo dello shopping. Abbiamo lanciato anche un nuovo progetto nel nostro palazzo: “The Shops at Domenico Vacca”, dove offriremo degli spazi di vendita a brand che riteniamo delle eccellenze, a ciò faremo da incubator nel mercato di New York e Americano.

Nel tuo lavoro sei decisamente un perfezionista. Oltre al personale presente nel tuo ufficio, presumo che tu abbia assunto fotografi, modelli, arredatori e web designer: hai curato minuziosamente anche i più piccoli dettagli come i bigliettini da visita e le etichette degli abbigliamenti?
Sì, purtroppo sono un perfezionista, al punto di aver disegnato il mio nuovo palazzo da zero, dalle piantine ai mobili fino ai bigliettini da visita o ai piatti e bicchieri del nostro bar/ristorante. La mia vision del fashion retail è molto innovativa quindi anziché investire tempo nello spiegare la mia vision a architetti e arredatori ho deciso di realizzarla con i miei collaboratori che conoscono bene il DNA del nostro brand e hanno capito subito cosa volevo.

Di solito, specialmente qui negli States, quando pensiamo alla moda Made in Italy, pensiamo al nord Italia, dove hanno sede le grandi firme, come Armani, Versace, Cavalli, Zegna, insomma i couturier italiani più noti. Tu sei l’alternativa a questi nomi famosi. I tuoi prodotti provengono da ditte meno conosciute della tua terra di Puglia e la maggior parte dei tuoi acquisti provengono dal Sud Italia. Preferisci il meridione al settentrione?
Io produco l’80% delle mie collezioni nel Sud Italia dove abbiamo degli insediamenti produttivi. Il Sud dell’Italia è noto a livello mondiale per la sartoria e il fatto a mano, avendo una tradizione di sarti di primo livello; per noi che facciamo tanto fatto a mano nelle collezioni uomo e donna il Sud Italia è il… paradiso.

Ora parliamo un po’ dell’Italia, sentiamo, cosa ci dice un imprenditore di successo che vede il nostro Paese al di là dell’oceano. L’Italia ha un sistema ancora un po’ troppo complicato, molta burocrazia, scarsa semplificazione che rendono difficile fare business. E poi c’è l’aspetto culturale e di attitudine al rischio. Negli Stati Uniti, ad esempio, si preferisce avere un impiego nel settore privato piuttosto che pubblico, al contrario dell’Italia in qui si preferiscono impieghi nel settore pubblico. Qual è quindi il motivo prevalente del gap di crescita italiana rispetto agli altri Paesi?
Come hai già detto, l’esagerata burocrazia italiana “blocca” l’imprenditore mentre negli Stati Uniti, nella maggior parte dei casi, l’imprenditore è incoraggiato e facilitato nello sviluppo delle sue attività imprenditoriali. L’America è consapevole che un imprenditore generi posti di lavoro e ricchezza, in Italia questi fattori non vengono presi in considerazione e a livello sociale l’imprenditore viene visto come uno …speculatore che va ostacolato, a cui bisogna rendere la vita difficile; per questo negli Stati Uniti esiste il sogno Americano, dove se lavori sodo e hai la volontà di rischiare vieni premiato: in Italia vieni ostacolato.

Come diventare un paese più attraente per gli investitori, considerando che l’investitore straniero guarda all’incidenza fiscale? Basta una politica fiscale accomodante? È ancora difficile fare impresa in Italia o c’è qualche speranza? Le speranze sono poche in Italia, vedremo cosa succederà alle prossime elezioni, se ci sarà davvero un cambiamento. Le tasse sono alte, la burocrazia è fuori luogo, e gli imprenditori italiani e di tutto il mondo sono sfiduciati e cercano di stare lontano dall’Italia. In tutti i paesi dove la politica fiscale è più “illuminata” l’economia ripartirà, in Italia non c’è crescita economica per tanti motivi, tra cui gli altissimi oneri fiscali che in combinazione con procedure amministrative lunghe e con una visione dell’imprenditore negativa portano il nostro paese a vedere una fuga di imprenditori italiani all’estero e la mancanza di investitori stranieri che non riescono a capire la complessità del nostro sistema politico, fiscale ed economico.
Un ultimo dato ci dice che la pressione fiscale italiana è ancora la più alta, se non tra le più alte al mondo. Siamo il Paese al mondo che fa più cassa con i soldi dei cittadini. Cosa bisognerebbe fare quindi? In una frase, rendere più semplice il lavoro degli imprenditori in Italia, eliminare gran parte dei dazi e balzelli e stare dalla parte degli imprenditori e fare il tifo per loro, l’aumento della occupazione e del PIL sono una normale e logica conseguenza.

Che ne pensi dei nostri politici, i leader delle varie coalizioni: Berlusconi, Renzi, Salvini, Di Maio, Gentiloni?
Coloro che hanno avuto tanti anni per realizzare quello che hanno promesso in passato e che ora lo “ripromettono” non mi danno grande fiducia. I nuovi politici hanno la possibilità di prometterlo per la prima volta e, avendone l’opportunità, spero che metteranno in atto quello che dicono e promettono. Ci vogliono dei leader nuovi che magari con una coalizione con i politici storici del nostro paese, che hanno capito che qualcosa deve cambiare, possano governare in modo nuovo tenendo presente come prima cosa gli interessi dei cittadini e del paese e non i loro interessi privati. Forse è pura utopia, ma non vedo altre alternative in questo momento storico del nostro paese.

Torneresti a investire in Italia magari nella tua terra d’origine?
Sono anni che ci provo, ma tutte le volte tutto è così … complicato. Vorrei tanto, e ho ancora delle speranze, ma se l’Italia non cambia noi imprenditori internazionali non riusciremo a fare investimenti in Italia. Un mio cliente, Jim Pallotta, proprietario della Roma calcio, sta investendo tanto a Roma e sull’Italia, spero tanto che ci riesca perché potrebbe essere un esperimento per altri imprenditori stranieri che vogliono avvicinarsi all’Italia, ma se rimane “imbrogliato” nel sistema Italia avremo un altro caso di imprenditore che se ne tornerà a casa dicendo che in Italia non si può fare nulla.

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