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Italia

Coronavirus: Perchè i dati di oggi e marzo non sono paragonabili

Ci risiamo, il numero dei contagi da Coronavirus sale giorno dopo giorno e i numeri sono sempre più simili a quelli della primavera scorsa, ma la situazione non è paragonabile. I dati dei contagi dell’ultima settimana sono cresciuti a ritmo esponenziale, tanto da far scattare l’allarme lockdown in cinque regioni.

I dati, però, prima di confrontarli bisognerebbe analizzarli e, sulla base delle evidenze che emergono, trarre le conclusioni del caso. Anche se le cifre sono in qualche modo simili, i punti di contatto sono davvero pochi. A ben vedere, i dati dell’ultima settimana – per quanto preoccupanti – non sono così gravi come quelli della scorsa primavera. E le ragioni per affermare una cosa del genere sono molteplici.

Confronto dati Covid 23 marzo – 16 ottobre: le differenze

Il 21 febbraio 2020 veniva confermato dalle autorità sanitarie il primo focolaio “domestico” di Covid, fatto registrare a Codogno in provincia di Lodi. Un mese più tardi (23 marzo) i nuovi positivi quotidiani erano saliti a 4.789, con 601 decessi e migliaia di ricoverati in tutto lo Stivale. Facendo un rapido salto in avanti e arrivando al 16 ottobre si scopre che il numero di nuovi positivi si è addirittura moltiplicato, facendo registrare un nuovo record: lo scorso venerdì, infatti, il sistema sanitario nazionale ha fatto registrare 10.010 contagiati in più.

Tutti gli altri dati, però, non sono minimamente paragonabili. I decessi, infatti, sono stati 55, il 23 marzo erano 601, il numero di tamponi effettuati è stato di 150.337, il 23 marzo le aziende sanitarie locali erano in grado di processare 17.000 tamponi (il 28% dei quali era positivo), oggi siamo al 6%.

A marzo si testava solo chi stava davvero male

Un secondo elemento da tenere in considerazione riguarda lo stato clinico dei positivi diagnosticati. Nelle prime settimane dell’epidemia, la bassa capacità di testing ha portato a testare principalmente persone con sintomi gravi o in condizioni critiche, se non addirittura già decedute. Oggi questo scenario è cambiato.

Al momento gli asintomatici, cioè coloro che non hanno sviluppato alcun sintomo tra i positivi diagnosticati, sono la maggioranza dei casi. C’è comunque una quota considerevole di persone con sintomi lievi, che negli ultimi quattro mesi è però rimasta abbastanza costante.

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